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Scheda N. 11

Permessi lavorativi


L'art. 33 della legge 5.2.1992, n.104, legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate prevede una serie di agevolazioni per i familiari di persone handicappate in forma grave.
Ai sensi dell'art. 3 della legge si deve considerare handicappata la persona che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione.
Se la minorazione abbia ridotto l'autonomia personale in modo tale da rendere necessaria un'assistenza permanente, continuativa e globale, la situazione di handicap si connota come grave. Tale ultima situazione comporta la priorità nei programmi e negli interventi da parte degli enti pubblici.
Poiché l'accertamento dell'esistenza e dell'entità dell'handicap comporta, tra l'altro, una valutazione del grado di integrazione sociale della persona e delle difficoltà da essa incontrate, la condizione e la misura dell'handicap non è necessariamente coincidente con la condizione e la misura dell'invalidità civile: è possibile che due persone, a parità di categoria e percentuale di minorazione civile, siano differentemente valutate rispetto all'handicap.
Competente ad effettuare la valutazione dell'handicap è la Commissione Medica di prima istanza per l'accertamento degli stati di invalidità civile presso la USL (ora ASL) di competenza territoriale (Legge 295/90) integrata, per questo compito, con un operatore sociale e un medico specialista nella patologia da esaminare.
Per quanto riguarda la presentazione della domanda, con il DPR 21.9.1994, n.698 è stato previsto un modello unico di istanza per l'accertamento dell'invalidità civile e per la valutazione della situazione di handicap derivante dall'invalidità.

L'agevolazione più importante prevista dalla legge è la possibilità per il lavoratore dipendente che sia coniuge o parente o affine entro il terzo grado (per esempio il cognato, il suocero, ecc.) di persona handicappata grave di fruire di tre giorni mensili di permesso dal lavoro. Si tratta di permessi retribuiti per intero a carico dell'INPS o altro ente previdenziale, coperti da contribuzione figurativa (computati cioè ai fini della maturazione dell'anzianità di servizio, mentre non lo sono per la maturazione delle ferie e della tredicesima mensilità, salvo diversa previsione del singolo contratto collettivo nazionale di lavoro). Per poterne fruire non è più necessario (come lo era originariamente) il requisito della convivenza nello stesso nucleo familiare della persona disabile: in base alla Circolare dell'INPS n.133/2000 è però necessario, nel caso la persona da assistere sia maggiorenne, che il familiare in questione garantisca la continuità e l'esclusività dell'assistenza.
Ciò significa:

  1. che il familiare deve essere nelle condizioni di poter prestare effettiva assistenza per le necessità quotidiane del parente disabile (non è quindi individuabile la continuità di assistenza nel caso di oggettiva lontananza delle abitazioni dei rispettivi soggetti, lontananza che va valutata altresi in termini temporali);
  2. e che deve essere altresì l'unico soggetto che presta l'assistenza, venendo meno il requisito dell'esclusività se vi sia altro familiare convivente lavoratore che goda di analogo permesso o altro familiare convivente non lavoratore in grado di fornire l'assistenza.
    I motivi che rendono impossibile l'assistenza da parte del familiare convivente non lavoratore e che quindi permettono la concessione dei permessi ad altro familiare, convivente o meno, sono:
Vi possono essere ulteriori motivi di carattere sanitario, come ad esempio le infermità temporanee che non diano luogo a ricovero ospedaliero, che dovranno essere debitamente documentati e valutati dal medico INPS, il quale stabilirà se e per quale periodo, in relazione alla natura dell'handicap del disabile nonché al tipo di affezione del familiare non lavoratore, sussista una impossibilità, per quest'ultimo, di prestare assistenza.
I permessi sono giornalieri, fruibili a scelta in maniera continuativa o frazionata, anche in ore, non cumulabili da un mese all'altro.
Chi è interessato a fruire di detti permessi deve presentare all'INPS (e in copia al datore di lavoro) l'apposita domanda sul modulo già predisposto (denominato HAND/2) indicando i periodi prescelti di godimento per i successivi dodici mesi e le modalità (a giorni o ad ore) allegando l'attestazione della competente Commissione della situazione di grave handicap e una dichiarazione di responsabilità ai sensi della legge 15/68 di assenza di ricovero della persona handicappata. Per sopravvenute diverse esigenze, il periodo di fruizione può venire modificato con una nuova domanda.

Ulteriori agevolazioni previste dalla legge sono la possibilità per gli stessi familiari che possono godere dei permessi lavorativi di scegliere, ove possibile con l'organizzazione del datore di lavoro, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona disabile nonché il diritto a non essere trasferite in altra sede senza il proprio consenso.

La legge 8.3.2000, n. 53 ha previsto ulteriori congedi per cause particolari: i permessi per decesso o grave infermità di un familiare e il congedo per gravi motivi familiari.

I permessi per decesso o grave infermità di un familiare consistono in tre giorni di permesso retribuito all'anno in caso di decesso o grave infermità del coniuge, anche se legalmente separato; di un parente entro il secondo grado, anche non convivente; di un componente della famiglia anagrafica (quindi anche famiglia di fatto).
Nei giorni di permesso non sono considerati i giorni festivi o non lavorativi e sono comunque cumulabili con quelli concessi ai sensi dell'articolo 33 della legge 104/1992. I giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso o dall'insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere a conseguenti interventi terapeutici.
E' possibile concordare con il datore di lavoro la fruizione dei tre giorni di permesso in modo frazionato, per esempio concordando una riduzione dell'orario lavorativo.
Per documentare il decesso, occorre presentare al datore di lavoro entro cinque giorni dalla ripresa la relativa certificazione oppure una dichiarazione sostitutiva; per documentare la grave infermità occorre presentare la documentazione rilasciata da un medico specialista o di medicina generale del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato.

Il congedo per gravi motivi familiari può arrivare fino a due anni nell'arco della vita lavorativa e può essere utilizzato anche in modo frazionato. Non è retribuito.
I gravi motivi devono riguardare i soggetti di cui all'articolo 433 del Codice Civile (coniuge, figli legittimi, legittimati, adottivi, genitori, generi e nuore, suoceri, fratelli e sorelle) anche non conviventi; i portatori di handicap parenti o affini entro il terzo grado, anche non conviventi; i componenti della famiglia anagrafica (quindi anche la famiglia di fatto).
I gravi motivi sono elencati nel Decreto del Ministero della Solidarietà Sociale 21.7.2000, n. 278.
Fra questi sono comprese le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell'assistenza delle persone sopraindicate; le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo; le situazioni derivanti da patologie acute o croniche che determinano nelle persone sopraindicate temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale e/o assistenza continuativa e/o frequenti monitoraggi e/o la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario.
Questo congedo può essere richiesto anche per il decesso di un familiare nel caso in cui il lavoratore non abbia la possibilità di usufruire dello specifico permesso di tre giorni in quell'anno (per esempio perché ne ha già usufruito).
La documentazione relativa alle patologie viene rilasciata da un medico specialista o di medicina generale del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato e va presentata contestualmente alla richiesta di congedo.
Entro 10 giorni dalla richiesta, il datore di lavoro deve comunicarne l'esito al dipendente. L'eventuale diniego, la proposta di rinvio a un periodo successivo oppure la concessione parziale del congedo devono essere motivati in relazione alle condizioni previste dal decreto ministeriale n.278/2000 e da ragioni organizzative e produttive che non consentano la sostituzione del dipendente.
Su richiesta del dipendente, la domanda deve essere riesaminata nei successivi 20 giorni.
Alla conclusione del congedo il lavoratore ha diritto a riprendere il suo posto e la sua mansione; può in ogni caso rientrare anche anticipatamente, salvo che sia stata concordata una durata minima.

Testo a cura di
Avv. Marina Presti
Servizio di consulenza legale

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