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PROBLEMATICHE LEGALI DELLE PERSONE INCAPACI DI PROVVEDERE A SE STESSE


I malati di Alzheimer sono destinati, nel corso della malattia, a divenire incapaci di provvedere a se stessi e ai propri interessi, ciò che in termine giuridico viene indicato come “incapacità di intendere e volere”'. Questa situazione è presa in considerazione dal nostro ordinamento giuridico come incapacità naturale o come incapacità legale; quest'ultima è attestata da una sentenza di interdizione o di inabilitazione.
L'incapacità naturale di intendere e di volere è quella del soggetto che si trova, per una qualsiasi ragione temporanea o definitiva, nella incapacità di provvedere ai propri interessi. L’incapacità legale non è altro che il riconoscimento da parte della legge di questa situazione, quindi, il medesimo soggetto, nella stessa identica posizione, può essere in stato di incapacità naturale o legale, a seconda che questa sia stata riconosciuta o meno dall’autorità giudiziaria.
Dal punto di vista del diritto penale il soggetto che è incapace di intendere oppure di volere, se commette dei reati, non è imputabile e quindi non può essere punito.
La capacità di intendere è intesa dagli studiosi di diritto penale e dai giudici come idoneità del soggetto a rendersi conto del valore delle proprie azioni. La capacità di volere è, invece, l'attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo.
Ovviamente, se manca la capacità di intendere mancherà anche quella di volere, mentre invece è possibile che ci sia la capacità di intendere ma non quella di volere.
Un malato di Alzheimer giunto a un certo stadio della malattia non ha né l'una né l'altra e quindi penalmente non sarà imputabile. Non occorre che ci sia stata previamente l'interdizione o l'inabilitazione. Nel momento in cui si svolge questo ipotetico processo penale, il giudice dovrà accertare che, quando il fatto è stato commesso, il soggetto non aveva né la capacità di intendere né di volere.
Dal punto di vista del diritto civile, cioè in materia di contratti o di risarcimento di danni, la situazione è invece più articolata.
Se il malato di Alzheimer, incapace naturale di intendere e volere, commette un azione o causa un fatto che provochi danni a terzi l'art. 2047 del Codice Civile stabilisce che in tal caso il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace; salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto. Quindi, ricade su chi deve sorvegliare il soggetto incapace la responsabilità per il risarcimento del danno; l’esenzione da tale responsabilità è possibile solo dimostrando di aver svolto il proprio compito di sorveglianza con la massima diligenza possibile in quel momento e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, così che non sia stato possibile impedire il verificarsi del danno.
Un'altra norma, l'art. 428 del Codice Civile, regola gli atti giuridici compiuti da una persona che, sebbene non interdetta, si trovi in quel momento, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere e di volere.
La norma si riferisce a tutti gli atti giuridici, da quelli non patrimoniali, come il matrimonio o il testamento, agli atti unilaterali di contenuto economico (per esempio la disdetta di un contratto di affitto o il recesso da un contratto, oppure la formulazione di una proposta contrattuale) e comprende anche i contratti veri e propri, conclusi da un soggetto naturalmente incapace di intendere e di volere.
La regola generale per tutti questi tipi di atti, se compiuti da persona incapace, è la loro annullabilità; a richiesta della persona medesima, se supera la condizione di incapacità, oppure dei suoi eredi o dell’amministratore di sostegno o del tutore con azione legale da promuovere avanti il Giudice.
Non è sufficiente dimostrare che, nel momento in cui ha concluso l'atto, la persona era in una situazione di incapacità. Bisogna distinguere tra le diverse categorie di atti.
Per gli atti non patrimoniali è sufficiente dimostrare l'incapacità; quindi, se un soggetto naturalmente incapace contrae matrimonio, questo può essere annullato provando l'incapacità di intendere e di volere; lo stesso vale per il testamento.
Per gli atti unilaterali a contenuto patrimoniale l'annullamento è possibile soltanto se dall'atto risulta un grave pregiudizio per l'incapace. Quindi se l'atto non gli arreca pregiudizio, è perfettamente valido.
In materia di contratti, bisogna dimostrare: a) che il soggetto era incapace nel momento in cui ha concluso il contratto; b) che egli ha subito un pregiudizio; c) che l'altro contraente era in malafede. Annullare un contratto concluso da un soggetto naturalmente incapace di intendere e volere non è, quindi, molto semplice: occorre fornire una serie di prove che possono risultare difficili; in particolare, la dimostrazione che l'altro contraente era in malafede. In tali casi vi è dunque il rischio notevole di non poter porre rimedio a atti pregiudizievoli compiuti dal soggetto incapace.
Quando un soggetto non è in grado di provvedere a se stesso e di tutelare i propri interessi non sussiste, peraltro, solo il rischio che compia atti dissennati ma anche e soprattutto la necessità di sopperire alla sopraggiunta incapacità, o meglio - con particolare riguardo ai malati di Alzheimer - alle incapacità che via via sopraggiungono. Occorre allora adottare le apposite misure di protezione previste dall’ordinamento.

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Ultimo aggiornamento di questa pagina 15 luglio 2012