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L'INTERVISTA


La Federazione Italia:
“I malati sono 1,2 milioni.
Ma è un dato al ribasso”

di Arianna Monticelli
da *il Cittadino di Monza* del 22 febbraio 2018


“Il nostro ruolo è quello di far conoscere a tutti l’emergenza-demenza, anche a coloro che non hanno direttamente problematiche di questo genere in famiglia. Un milione e 200mila i malati in Italia e il dato non è neppure veritiero: non esiste una mappatura dettagliata del fenomeno, ci si sta lavorando, ma di fatto è difficile, perché sfuggono molti malati che in qualche modo non sono presi in carico ufficialmente. Eppure, con l’avanzare dell’età media, e l’Italia in questo invecchiamento della popolazione è tra i primi posti, gli anziani e la demenza sono di fatto la vera emergenza. Serve una strategia globale per affrontare queste malattie”.
A parlare è Mario Possenti, 41 anni, segretario generale Federazione Alzheimer Italia, nel tavolo istituito dal ministero della Salute per l’implementazione e il monitoraggio del Piano nazionale Demenze e responsabile per lo sviluppo del progetto “Comunità amiche delle persone con demenza”. Inevitabile per lui seguire con attenzione l’evolversi del progetto monzese.
Dopo 5 anni di percorso condiviso con Alzheimer’s Disease International, a maggio 2017, gli Stati membri della Organizzazione Mondiale della Sanità hanno sottoscritto il Piano globale di azione sulla risposta di salute pubblica.
“Si tratta di un piano importante perché dà vita a un osservatorio capace di monitorare quello che i singoli stati fanno in materia di assistenza alle persone con demenza. C’è, finalmente, un organismo il cui primo obiettivo è creare iniziative in grado di far rientrare le persone che ne sono colpite nelle loro comunità. Perché è questo il vero nodo: dare loro servizi inclusivi. I governi di 194 Paesi, fino al 2025, dovranno riferire periodicamente all’Oms cosa fanno in concreto per affrontare la demenza”.
Nel concreto, su cosa si deve lavorare per rispondere a una emergenza che ha i numeri spaventosi già oggi e ancora di più se proiettati nei prossimi 30 anni?
“E’ necessario intervenire su due fronti: sulle comunità, in primo luogo, con strategie in grado di creare contesti che siano “Dementia friendly”, pronti dunque ad accogliere le persone malate, e aiutarle a conservare le loro capacità residue, ma anche lavorare sulle famiglie, per evitarne l’isolamento. C’è un forte stigma verso queste patologie, che va scardinato se vogliamo pensare a comunità integranti e preparate. L’iniziativa de “Il paese ritrovato” si muove proprio in questa direzione. Spesso anche il familiare-caregiver si sente abbandonato, talvolta prova vergogna, e così la casa diventa una sorta di ghetto, quando il malato viene gestito al domicilio. Strutture come quella di Monza allontanano l’istituzionalizzazione di queste persone, il loro ingresso nella rsa, per trovare invece nuove forme di vita. Oltre che di cura”.
Quale è la situazione in Italia?
“In Italia arriviamo tardi in questo: per capirci, non ci sono neppure finanziamenti o sovvenzioni specifici, né regionali né nazionali, sul Piano Demenze. Mancano supporti e presupposti. Si aggiunge un basso riconoscimento della demenza come priorità di salute pubblica. Vediamo volentieri iniziative come quella de “La Meridiana”, perché partono da un nuovo paradigma.”. Secondo “Dementia monitor 2017”, rapporto elaborato da Alzheimer Europe (che riunisce 39 associazioni), L’Italia è al primo posto in Europa sul fronte della ricerca, ma rimane al palo nell’assistenza ai malati. Monza può fare scuola.

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Ultimo aggiornamento di questa pagina 8 marzo 2018