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OSSERVAZIONI E PENSIERI



Egregio Dottore,
dopo un lungo percorso di sofferenza e di riflessione, mi sono decisa a mettere nero su bianco e ad inviare questa mia che non vuole essere assolutamente una polemica alla gestione delle case di riposo, bensì vuole rappresentare una serie di osservazioni da parte di chi sta vivendo giornalmente "in campo", con tanta fatica e dolore il problema dell'Alzheimer.
Mio padre è ricoverato provvisoriamente in una struttura di Mestre in attesa che, come da graduatoria, si liberi un posto (che corrisponde alla morte di un altro essere umano) per una sistemazione definitiva.
La scelta del ricovero è stata lunga, dibattuta e sofferta; sono state provate varie soluzioni ma anche mia madre è vecchia ed ammalata e, pur con aiuti, non poteva gestire questa "maledetta malattia" che progredisce giorno dopo giorno, inesorabilmente.
Quando vedo il mio papà continuo a chiedermi perché si sia ridotto ad un essere bisognoso di tutto e di tutti, che non parla più, che non sa riferire se prova dolore, se qualcuno gli fa del male, se per caso c'è chi lo tratta con poco rispetto e viene meno a quell'indispensabile considerazione della dignità di cui ogni essere umano ha diritto, al di là della sua condizione fisica o psichica.
La vita di questi ammalati, e di vita almeno secondo i miei canoni non si tratta, va in fumo e con la loro la nostra: non ho più voglia di vivere e se lo faccio è solo per prendermi cura del mio vecchio, insieme al mio "compagno" che, al di la delle leggi e del riconoscimento di diversi diritti civili, vive con me quotidianamente e concretamente questo dramma, con forza, determinazione e coraggio.
Io piango tanto, mi dispero, abbraccio questo vecchio-bambino, lo ripenso giovane e forte e prego, prego che una morte dignitosa e serena lo accolga presto tra le sue caritatevoli braccia e trovare così riposo a quel suo continuo camminare, camminare, camminare ....
Le strutture ci aiutano, ma troppo poco se penso che per trovare un posto in un ospizio un ammalato, che avrebbe bisogno di punti di riferimento, di certezze, di visi familiari può cambiare, prima di ottenerlo varie strutture o, nel caso migliore, modificare sistemazione all'interno della stessa: nel contempo finisce per destabilizzarsi completamente, per perdersi totalmente in un mondo tutto suo, per soffrire le pene dell'inferno senza saperlo dire con le parole, ma negli occhi si può leggere tutto lo sgomento non detto.
Invito pertanto chi di competenza, anche da parte di chi non lo può fare, a rivedere un'organizzazione certamente non perfetta, cercando di ottimizzarla, valutando con il cuore le difficoltà talvolta insormontabili dei pazienti e dei loro cari ammalati e fare così in modo che non si verifichino, per fattori burocratici, cambiamenti su cambiamenti. Cerchiamo di potenziare queste strutture, cerchiamo di aumentare il personale specializzato al loro interno: non si possono fare tagli sulla sanità poiché questa, insieme alla scuola, rappresenta la civiltà di una nazione.
Vogliamo adeguarci all'Europa? Allora facciamolo soprattutto nelle positività!
Desidero portare a conoscenza di questa mia gli organi competenti preposti, varie associazioni e alcune testate giornalistiche auspicando che almeno qualcuno si faccia carico di questo gravissimo problema che può diventare un giorno quello di tutti.
Cordialmente

Maria Augusta Casiglio


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